Su un’estensione della teoria di Lagrange
per i moti secolari.

Antonio Giorgilli111Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Matematica, Via Saldini 50, 20133 — Milano. email: antonio.giorgilli@unimi.it. email: marco.sansottera@unimi.it , Ugo Locatelli222Università  degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Dipartimento di Matematica, Via della Ricerca Scientifica 1, 00133 Roma. email: locatell@mat.uniroma2.it , Marco Sansottera
Sommario

La teoria di Lagrange per i moti secolari delle eccentricità ed inclinazioni delle orbite planetarie si fondava su un’approssimazione, dettata in larga misura dalla complessità dei calcoli necessari, che consisteva nel considerare solo equazioni lineari. In questa memoria riprendiamo in considerazione i metodi di Lagrange alla luce della teoria della stabilità esponenziale di Nekhoroshev. Grazie agli algoritmi sviluppati negli ultimi anni e alle tecniche di manipolazione algebrica possiamo tener conto anche dei contributi non lineari alle equazioni. Come applicazione cerchiamo di determinare i tempi di stabilità per il problema dei tre corpi nel caso del Sole e dei due pianeti maggiori, Giove e Saturno, mostrando che si possono ottenere risultati realistici, ancorché non ottimali.


Lagrange’s theory for the secular motion of perihelia and nodes of the planetary orbits was based on consideration of a linear approssimation of the dynamical equations, compatible with the complexity of the calculations. We extend Lagrange’s investigations in the light of Nekhoroshev’s theory of exponential stability. Using effective algorithms recently developed and computer algebra we investigate the non linear problem. We apply our methods to the problem of three bodies in the Sun–Jupiter–Saturn case, thus showing that realistic results, although not optimal, can be obtained.

1 Introduzione

Nel 1782, in due corpose memorie presentate all’Accademia di Berlino, Giuseppe Luigi Lagrange pubblica la versione estesa della sua teoria sui moti secolari dei nodi e dei perieli dei pianeti, e conclude il suo studio con l’affermazione della stabilità del Sistema Solare. Si tratta, per quel tempo, di un risultato di notevole rilevanza, soprattutto se si tiene conto che viene pubblicato in un periodo in cui sono molto vive le discussioni sulle “ineguaglianze secolari”, in primis quella di Giove e Saturno, e sull’effettiva possibilità di spiegare tutte le apparenti irregolarità dei moti planetari sulla base della gravitazione newtoniana.

Alla luce delle nostre conoscenze attuali, e con la sensibilità matematica del nostro tempo, quel risultato non appare completamente rigoroso, in quanto frutto di approssimazioni la cui completa validità non è assicurata. In questa memoria vogliamo illustrare come ed in che senso si possa estendere la teoria di Lagrange tenendo conto degli sviluppi recenti delle nostre conoscenze.

Il nostro metodo si ricollega in modo diretto a quello di Lagrange in quanto prendiamo come riferimento le orbite circolari, studiando poi l’evoluzione delle eccentricità e delle inclinazioni come oscillazioni intorno ad un equilibrio. L’estensione rispetto al metodo di Lagrange prende avvio dalla teoria della stabilità esponenziale, sviluppata in forma teorica da Moser [15], Littlewood [11][12] e Nekhoroshev [16][17]. Al fine di applicare tale teoria, dobbiamo procedere allo sviluppo in serie della perturbazione mutua di Giove e Saturno, tenendo conto anche dei termini di secondo ordine nelle masse e dei termini non lineari nelle eccentricità. Ciò risulta fattibile grazie alla disponibilità dei metodi di manipolazione algebrica al calcolatore, che rendono calcolabili sviluppi in serie praticamente impossibili in passato. Questo aspetto viene discusso brevemente nel paragrafo 2, in cui richiamiamo anche i punti essenziali del metodo di Lagrange.

In un secondo tempo facciamo ricorso al metodo della forma normale di Birkhoff rienunciato mediante algoritmi di calcolo esplicitamente applicabili grazie alla manipolazione algebrica. Questi metodi vengono richiamati nel paragrafo 3. Infine mostriamo come si possano ottenere stime di stabilità su tempi lunghi sfruttando la forma normale ad ordine finito; questo viene discusso nel paragrafo 4.

Il paragrafo 5 riporta i risultati dell’applicazione del nostro metodo al sistema Sole–Giove–Saturno. Le conclusioni, che discutiamo brevemente nel paragrafo 6, non saranno completamente soddisfacenti: si arriva a garantire la stabilità solo sull’arco di 107superscript10710^{7} anni, nettamente inferiore rispetto alla durata del Sistema Solare ed anche rispetto ai tempi calcolati mediante integrazione diretta delle equazioni. Si tratta comunque di uno tra i migliori risultati oggi disponibili sulla base dell’applicazione dei metodi perturbativi ed in particolare mostra come il meccanismo della stabilità su tempi esponenziali possa ben essere significativo almeno per i pianeti maggiori del nostro sistema.

2 Il problema secolare

Lo schema di sviluppo perturbativo che utilizziamo può considerarsi come una riformulazione in ambito hamiltoniano dello schema di Lagrange. Questa parte del calcolo risulta alquanto laboriosa, ma omettiamo i dettagli in quanto si tratta di un argomento classico che si può trovare ad esempio nelle Leçons de Mécanique Céleste di Poincaré. Partendo dall’Hamiltoniana del problema dei tre corpi si procede in modo classico introducendo le coordinate eliocentriche, che consentono di eliminare il moto del baricentro, ed effettuando la riduzione del momento angolare. In tal modo si eliminano 5 gradi di libertà, sicché ci si riduce a considerare 4 sole coppie di coordinate canoniche.

Si considerano poi gli elementi orbitali, ossia il semiasse maggiore a𝑎a, l’eccentricità e𝑒e, l’inclinazione ι𝜄\iota, l’anomalia media \ell, l’argomento del perielio ω𝜔\omega e la longitudine del nodo ΩΩ\Omega, ed in termini di questi si introducono le variabili di Poincaré definite come

ΛjsubscriptΛ𝑗{\Lambda_{j}} =μjG(m0+mj)aj,absentsubscript𝜇𝑗𝐺subscript𝑚0subscript𝑚𝑗subscript𝑎𝑗{=\mu_{j}\sqrt{G(m_{0}+m_{j})a_{j}}}\>,\quad\ ξjsubscript𝜉𝑗{\xi_{j}} =2Λj11ej2cosωj,absent2subscriptΛ𝑗11superscriptsubscript𝑒𝑗2subscript𝜔𝑗{=\sqrt{2\Lambda_{j}}\sqrt{1-\sqrt{1-e_{j}^{2}}}\cos\omega_{j}\>,}
λjsubscript𝜆𝑗{\lambda_{j}} =j+ωj,absentsubscript𝑗subscript𝜔𝑗{=\ell_{j}+\omega_{j}}\>,\quad\ ηjsubscript𝜂𝑗{\eta_{j}} =2Λj11ej2sinωj,absent2subscriptΛ𝑗11superscriptsubscript𝑒𝑗2subscript𝜔𝑗{=-\sqrt{2\Lambda_{j}}\sqrt{1-\sqrt{1-e_{j}^{2}}}\sin\omega_{j}\>,}

dove m0,m1,m2subscript𝑚0subscript𝑚1subscript𝑚2m_{0},\,m_{1},\,m_{2} sono le masse dei tre corpi, μj=m0mjm0+mjsubscript𝜇𝑗subscript𝑚0subscript𝑚𝑗subscript𝑚0subscript𝑚𝑗\mu_{j}=\frac{m_{0}m_{j}}{m_{0}+m_{j}} con j=1,2𝑗12j=1,2 le masse ridotte dei due pianeti e G𝐺G è la costante di gravitazione. Qui abbiamo omesso le variabili che descrivono le inclinazioni ed i nodi perché vengono eliminate dalla riduzione del momento angolare. Ricordiamo che gli angoli λ𝜆\lambda e le azioni ad essi coniugate ΛΛ\Lambda vengono detti variabili veloci, in quanto le frequenze corrispondenti sono quelle del moto kepleriano, mentre le ξj,ηjsubscript𝜉𝑗subscript𝜂𝑗\xi_{j},\,\eta_{j}, che si riferiscono alle eccentricità, sono dette variabili lente o secolari, in quanto nell’approssimazione kepleriana esse restano costanti mentre nelle approssimazioni successive sono soggette a variazioni molto lente visibili solo sull’arco di secoli.

L’Hamiltoniana in variabili di Poincaré comprende due contributi

H=H0(Λ)+H1(Λ,λ,ξ,η),𝐻subscript𝐻0Λsubscript𝐻1Λ𝜆𝜉𝜂H=H_{0}(\Lambda)+H_{1}(\Lambda,\lambda,\xi,\eta)\ , (1)

che consistono in una parte imperturbata H0(Λ)subscript𝐻0ΛH_{0}(\Lambda) che descrive il moto kepleriano (ellittico o circolare) ed una perturbazione H1(Λ,λ,ξ,η)subscript𝐻1Λ𝜆𝜉𝜂H_{1}(\Lambda,\lambda,\xi,\eta) dovuta all’interazione mutua tra i pianeti. L’Hamiltoniana così ottenuta può essere sviluppata in serie di potenze intorno alle orbite kepleriane circolari. A tal fine si sceglie il valore ΛsuperscriptΛ\Lambda^{*} risolvendo l’equazione

HλΛj|Λ=Λξ=η=0=nj,j=1,2,formulae-sequenceevaluated-atsubscriptdelimited-⟨⟩𝐻𝜆subscriptΛ𝑗ΛsuperscriptΛ𝜉𝜂0subscriptsuperscript𝑛𝑗𝑗12\left.\frac{\partial{\langle H\rangle_{\lambda}}}{\partial\Lambda_{j}}\right|_{\begin{subarray}{c}\Lambda=\Lambda^{*}\\ \xi=\eta=0\end{subarray}}=n^{*}_{j}\ ,\qquad j=1,2\ ,

dove il simbolo λsubscriptdelimited-⟨⟩𝜆\langle\cdot\rangle_{\lambda} indica la media rispetto agli angoli veloci e njsubscriptsuperscript𝑛𝑗n^{*}_{j} è la frequenza fondamentale del moto medio relativa all’angolo λjsubscript𝜆𝑗\lambda_{j}, per una esposizione più dettagliata si veda [13]. Si procede poi ad uno sviluppo in serie di potenze nelle variabili ξ,η𝜉𝜂\xi,\,\eta nell’intorno dell’origine, osservando che ξ=η=0𝜉𝜂0\xi=\eta=0 corrisponde ad eccentricità nulla. Definendo Λ=Λ+ΛΛsuperscriptΛsuperscriptΛ\Lambda=\Lambda^{*}+\Lambda^{\prime} sviluppiamo in serie di potenze di ΛsuperscriptΛ\Lambda^{\prime} l’Hamiltoniana (1) ed eliminando gli apici per semplificare le notazioni la riscriviamo nella forma

H0(Λ)=iνiΛi+O(Λ2),subscript𝐻0Λsubscript𝑖subscript𝜈𝑖subscriptΛ𝑖𝑂superscriptΛ2H_{0}(\Lambda)=\sum_{i}\nu_{i}\Lambda_{i}+O(\Lambda^{2})\ , (2)

che descrive il moto circolare con frequenze kepleriane ν𝜈\nu, e

H1=j,kncj,k(Λ,λ)ξjηk,subscript𝐻1subscript𝑗𝑘superscript𝑛subscript𝑐𝑗𝑘Λ𝜆superscript𝜉𝑗superscript𝜂𝑘H_{1}=\sum_{j,k\in{\mathbb{Z}}^{n}}c_{j,k}(\Lambda,\lambda)\xi^{j}\eta^{k}\ , (3)

che è lo sviluppo della perturbazione in serie di potenze di ξ,η𝜉𝜂\xi,\eta con coefficienti cj,k(Λ,λ)subscript𝑐𝑗𝑘Λ𝜆c_{j,k}(\Lambda,\lambda) periodici in λ𝜆\lambda.

Lo schema generale esposto fin qui non differisce di molto da quello di Lagrange, ma nel nostro calcolo introduciamo due differenze significative. La prima è che, grazie all’uso della manipolazione algebrica al calcolatore, siamo in grado di calcolare esplicitamente anche molti termini di secondo ordine nelle masse e termini non lineari nelle variabili lente. La seconda differenza è che possiamo garantire un’approssimazione migliore per la dinamica dei semiassi maggiori, proprio tenendo conto della perturbazione fino all’ordine 2 nelle masse. A tal fine riordiniamo lo sviluppo della perturbazione nella formula (3) come

H1(Λ,λ,ξ,η)=f0(λ,ξ,η)+f1(Λ,λ,ξ,η)+O(Λ2),subscript𝐻1Λ𝜆𝜉𝜂subscript𝑓0𝜆𝜉𝜂subscript𝑓1Λ𝜆𝜉𝜂𝑂superscriptΛ2H_{1}(\Lambda,\lambda,\xi,\eta)=f_{0}(\lambda,\xi,\eta)+f_{1}(\Lambda,\lambda,\xi,\eta)+O(\Lambda^{2})\ , (4)

dove si intende che f0(λ,ξ,η)subscript𝑓0𝜆𝜉𝜂f_{0}(\lambda,\xi,\eta) e f1(Λ,λ,ξ,η)subscript𝑓1Λ𝜆𝜉𝜂f_{1}(\Lambda,\lambda,\xi,\eta) sono rispettivamente di grado zero e uno nelle azioni veloci ΛΛ\Lambda, e con una coppia di trasformazioni canoniche cerchiamo di rimuovere f0subscript𝑓0f_{0} ed f1subscript𝑓1f_{1} in modo da lasciare tra i contributi che dipendono effettivamente da λ𝜆\lambda solo quelli che sono almeno di ordine 2 nelle masse. Questo procedimento si ispira alla costruzione della forma normale di Kolmogorov, ed è descritto in dettaglio in [14]. Ne risulta un’Hamiltoniana che ha ancora la forma (3), ma la perturbazione H1subscript𝐻1H_{1} non contiene più alcun termine effettivamente dipendente da λ𝜆\lambda che sia anche indipendente da o lineare in ΛΛ\Lambda e di ordine inferiore a 2 nelle masse.

Infine, riprendendo lo schema di Lagrange, introduciamo il modello secolare. A tal fine, con un’operazione di media, eliminiamo dall’Hamiltoniana la dipendenza dagli angoli veloci λ𝜆\lambda e fissiamo ΛΛ\Lambda. Concretamente ciò si ottiene eliminando dagli sviluppi in serie di Fourier tutti i termini che contengono le variabili λ𝜆\lambda e ponendo Λ=0Λ0\Lambda=0. Ciò corrisponde a fissare la dinamica dei semiassi maggiori in modo che sia una piccola variazione quasi periodica dell’orbita circolare. In tal modo l’Hamiltoniana risultante dipende solo dalle variabili lente ξ,η𝜉𝜂\xi,\eta, e si riduce ad un sistema a due gradi di libertà. Il fatto rilevante è che lo sviluppo in serie di potenze dell’Hamiltoniana non contiene contributi di grado dispari, ed in particolare neppure termini lineari, sicché si deve studiare la dinamica di un sistema conservativo in prossimità di un equilibrio. Precisamente si ottiene un’Hamiltoniana della forma

H(ξ,η)=H0(ξ,η)+H2(ξ,η)+,𝐻𝜉𝜂subscript𝐻0𝜉𝜂subscript𝐻2𝜉𝜂H(\xi,\eta)=H_{0}(\xi,\eta)+H_{2}(\xi,\eta)+\ldots\ , (5)

dove H0,H2,subscript𝐻0subscript𝐻2H_{0},\,H_{2},\,\ldots sono polinomi omogenei di grado rispettivamente 2, 4,242,\,4,\,\ldots.

La proprietà che abbiamo appena enunciato è a prima vista sorprendente, ed in effetti a Lagrange spetta il merito di averla messa in evidenza per primo e di aver fondato su di essa le sue ricerche sui moti secolari. Il procedimento da lui seguito può riformularsi dicendo che si considera la sola parte quadratica dell’Hamiltoniana, sicché si deve studiare un sistema di equazioni lineari a coefficienti costanti. Il metodo per risolvere tali equazioni era ben noto a Lagrange, dato che egli stesso lo aveva sviluppato in una memoria del 1763 dandogli sostanzialmente la forma che ancora troviamo nei trattati di Analisi Matematica.

Il suo risultato di stabilità consiste poi nel mostrare che le soluzioni scritte come composizione di moti periodici con le frequenze e le ampiezza calcolate per i pianeti restano sempre limitate in un intorno abbastanza piccolo dell’origine. La conclusione si fonda sull’assunzione, non dimostrata ma accettata come perfettamente plausibile, che la dinamica nell’intorno dell’equilibrio non venga influenzata in modo rilevante dai contributi non lineari che compaiono nelle equazioni. Proprio questo invece è il punto che dobbiamo rimettere in discussione alla luce degli sviluppi delle nostre conoscenze dopo la scoperta dei moti caotici da parte di Poincaré.

Torniamo dunque a considerare l’Hamiltoniana (5). Grazie all’analiticità di tutte le funzioni e le trasformazione coinvolte, fin qui lo sviluppo risulta essere convergente in un intorno dell’equilibrio. Inoltre, avendo determinato le frequenze ωjsubscript𝜔𝑗\omega_{j} dei moti secolari col metodo di Lagrange, possiamo anche introdurre una trasformazione lineare di coordinate che pone la parte quadratica dell’Hamiltoniana nella forma diagonale

H0(ξ,η)=jωj2(ξj2+ηj2),subscript𝐻0𝜉𝜂subscript𝑗subscript𝜔𝑗2superscriptsubscript𝜉𝑗2superscriptsubscript𝜂𝑗2H_{0}(\xi,\eta)=\sum_{j}\frac{\omega_{j}}{2}\bigl{(}\xi_{j}^{2}+\eta_{j}^{2}\bigr{)}\ , (6)

3 La stabilità esponenziale

A questo punto ha inizio la parte più rilevante della nostra estensione del lavoro di Lagrange, in quanto teniamo conto proprio dei contributi non lineari all’Hamiltoniana (5) che abbiamo potuto calcolare grazie alla manipolazione algebrica con uso del calcolatore.

Si fa ricorso alla forma normale di Birkhoff nell’intorno dell’equilibrio. Si considera un’Hamiltoniana della forma

H(x,y)=H0(x,y)+H1(x,y)+H2(x,y)+,𝐻𝑥𝑦subscript𝐻0𝑥𝑦subscript𝐻1𝑥𝑦subscript𝐻2𝑥𝑦H(x,y)=H_{0}(x,y)+H_{1}(x,y)+H_{2}(x,y)+\ldots\ , (7)

dove

H0(x,y)=jωj2(xj2+yj2)subscript𝐻0𝑥𝑦subscript𝑗subscript𝜔𝑗2superscriptsubscript𝑥𝑗2superscriptsubscript𝑦𝑗2H_{0}(x,y)=\sum_{j}\frac{\omega_{j}}{2}(x_{j}^{2}+y_{j}^{2})

e H1(x,y),H2(x,y)subscript𝐻1𝑥𝑦subscript𝐻2𝑥𝑦H_{1}(x,y),\,H_{2}(x,y)\ldots sono polinomi omogenei di grado 3, 4,343,\,4,\ldots\,, sicché si ha una serie di potenze convergente in un intorno dell’origine. L’Hamiltoniana (5) ha questa forma, salvo la particolarità di non contenere termini dispari nello sviluppo. L’obiettivo è costruire una trasformazione canonica di coordinate prossima all’identità che ponga l’Hamiltoniana nella forma

Z(r)(x,y)=H0(x,y)+Z1(x,y)++Zr(x,y)+(r+1)(x,y),superscript𝑍𝑟𝑥𝑦subscript𝐻0𝑥𝑦subscript𝑍1𝑥𝑦subscript𝑍𝑟𝑥𝑦superscript𝑟1𝑥𝑦Z^{(r)}(x,y)=H_{0}(x,y)+Z_{1}(x,y)+\ldots+Z_{r}(x,y)+{\cal R}^{(r+1)}(x,y)\ , (8)

dove Z1(x,y),,Zr(x,y)subscript𝑍1𝑥𝑦subscript𝑍𝑟𝑥𝑦Z_{1}(x,y),\ldots,Z_{r}(x,y) dipendono solo dalle azioni Ij=(xj2+yj2)/2subscript𝐼𝑗superscriptsubscript𝑥𝑗2superscriptsubscript𝑦𝑗22I_{j}=(x_{j}^{2}+y_{j}^{2})/2, e (r+1)(x,y)superscript𝑟1𝑥𝑦{\cal R}^{(r+1)}(x,y) è un resto non normalizzato di grado almeno r+3𝑟3r+3 nelle variabili x,y𝑥𝑦x,\,y. A tal fine utilizziamo una successione di trasformazioni canoniche generate mediante l’algoritmo della serie di Lie.333Per un’esposizione del metodo delle serie di Lie in ambito hamiltoniano si veda ad esempio [5]. Precisamente, supponendo di aver costruito la forma normale Z(r1)superscript𝑍𝑟1Z^{(r-1)} fino ad un ordine r1𝑟1r-1, si determina una funzione generatrice χr(x,y)subscript𝜒𝑟𝑥𝑦\chi_{r}(x,y) come polinomio omogeneo di grado r+2𝑟2r+2 risolvendo l’equazione

LH0χrZr=Qr,subscript𝐿subscript𝐻0subscript𝜒𝑟subscript𝑍𝑟subscript𝑄𝑟L_{H_{0}}\chi_{r}-Z_{r}=Q_{r}\ , (9)

dove Qrsubscript𝑄𝑟Q_{r} è la parte omogenea di grado r𝑟r del resto non ancora normalizzato, e Lf={f,}L_{f}\cdot=\{f,\cdot\} è la parentesi di Poisson con la funzione f𝑓f, ovvero la derivata di Lie lungo il campo hamiltoniano generato da f𝑓f. Si determina poi la nuova Hamiltoniana calcolando

Z(r)=exp(Lχr)Z(r1),superscript𝑍𝑟subscript𝐿subscript𝜒𝑟superscript𝑍𝑟1Z^{(r)}=\exp\bigl{(}L_{\chi_{r}}\bigr{)}Z^{(r-1)}\ ,

dove

exp(Lχr)=1+Lχr+12!Lχr2+13!Lχr3+,subscript𝐿subscript𝜒𝑟1subscript𝐿subscript𝜒𝑟12superscriptsubscript𝐿subscript𝜒𝑟213superscriptsubscript𝐿subscript𝜒𝑟3\exp\bigl{(}L_{\chi_{r}}\bigr{)}=1+L_{\chi_{r}}+\frac{1}{2!}L_{\chi_{r}}^{2}+\frac{1}{3!}L_{\chi_{r}}^{3}+\ldots\ ,

è l’operatore esponenziale della serie di Lie. Lo schema di calcolo è facilmente programmabile mediante un manipolatore algebrico, in quanto richiede solo il calcolo di somme, prodotti e derivate di polinomi omogenei.

Se, ignorando per un momento il problema della convergenza del procedimento di costruzione della forma normale, si immagina di applicare infinite volte lo schema appena descritto si ottiene una forma normale

Z()(x,y)=H0(I)+Z1(I)+Z2(I)+,superscript𝑍𝑥𝑦subscript𝐻0𝐼subscript𝑍1𝐼subscript𝑍2𝐼Z^{(\infty)}(x,y)=H_{0}(I)+Z_{1}(I)+Z_{2}(I)+\ldots\ ,

funzione solo delle azioni Ij=(xj2+yj2)/2subscript𝐼𝑗superscriptsubscript𝑥𝑗2superscriptsubscript𝑦𝑗22I_{j}=(x_{j}^{2}+y_{j}^{2})/2 che risultano essere costanti del moto per Z()superscript𝑍Z^{(\infty)}. Scrivendo le equazioni di Hamilton si ottiene così

x˙j=Ωj(I)yj,y˙j=Ωj(I)xj,formulae-sequencesubscript˙𝑥𝑗subscriptΩ𝑗𝐼subscript𝑦𝑗subscript˙𝑦𝑗subscriptΩ𝑗𝐼subscript𝑥𝑗\dot{x}_{j}=\Omega_{j}(I)y_{j}\ ,\quad\dot{y}_{j}=-\Omega_{j}(I)x_{j}\ ,

dove

Ωj(I)=ωj+Z1Ij(I)+Z2Ij(I)+,subscriptΩ𝑗𝐼subscript𝜔𝑗subscript𝑍1subscript𝐼𝑗𝐼subscript𝑍2subscript𝐼𝑗𝐼\Omega_{j}(I)=\omega_{j}+\frac{\partial Z_{1}}{\partial I_{j}}(I)+\frac{\partial Z_{2}}{\partial I_{j}}(I)+\ldots\ ,

sono le frequenze che sono costanti del moto, essendo funzioni solo delle I𝐼I, e in conseguenza della non linearità delle equazioni dipendono dal valore iniziale delle azioni I𝐼I. Le equazioni sono integrabili in modo elementare, in quanto le soluzioni sono oscillazioni con frequenze Ω(I)Ω𝐼\Omega(I) dipendenti dal dato iniziale. Se così fosse potremmo affermare di aver esteso la teoria di Lagrange nel senso che abbiamo calcolato dei valori migliori per le frequenze secolari, mantenendo poi tutte le sue conclusioni per quanto riguarda la stabilità. Inoltre si giustificherebbe la validità della teoria di Lagrange in quanto per piccole ampiezze le correzioni non lineari alle frequenze sono piccole.

Vi sono però due difficoltà. La prima, nota come problema dei piccoli divisori, è che la soluzione dell’equazione (9) è possibile solo assumendo delle condizioni di non risonanza sulle frequenze ω𝜔\omega del moto imperturbato. Precisamente, dal punto di vista teorico si chiede che la quantità jkjωjsubscript𝑗subscript𝑘𝑗subscript𝜔𝑗\sum_{j}k_{j}\omega_{j} con coefficienti kjsubscript𝑘𝑗k_{j} interi si annulli solo se kj=0subscript𝑘𝑗0k_{j}=0 per tutti i j𝑗j. La seconda difficoltà si cela nella falsità dell’ipotesi che la forma normale risulti essere convergente. Non è difficile verificare che ciascun passo del procedimento è ben definito, nel senso che la funzione Z(r)superscript𝑍𝑟Z^{(r)}, per ogni r𝑟r finito, risulta essere convergente in un intorno dell’origine, ad esempio una sfera di raggio ρrsubscript𝜌𝑟\rho_{r}. Le stime analitiche però consentono solo di dimostrare che ρrsubscript𝜌𝑟\rho_{r} è limitato inferiormente da una successione che tende a zero almeno come 1/r1𝑟1/r. Questo non esclude che si possa avere convergenza in casi specifici, ed in effetti si possono costruire esempi di Hamiltoniane che ammettono una forma normale di Birkhoff convergente. Tuttavia nel lavoro di Siegel [18] si mostra che la divergenza è il caso tipico.444Uno studio numerico che illustra i meccanismi che conducono alla divergenza si trova in [1],[2].

Ciò che rende utile lo sviluppo perturbativo nonostante la divergenza è il carattere asintotico delle serie. Consideriamo un intorno ΔρsubscriptΔ𝜌\Delta_{\rho} dell’origine imponendo la condizione |Ij(x,y)|ρ2/2subscript𝐼𝑗𝑥𝑦superscript𝜌22\bigl{|}I_{j}(x,y)\bigr{|}\leq\rho^{2}/2 per j=1,,n𝑗1𝑛j=1,\ldots,n\,. Assumiamo poi che le frequenze ω𝜔\omega soddisfino la condizione diofantea |jkjωj|γ|k|τsubscript𝑗subscript𝑘𝑗subscript𝜔𝑗𝛾superscript𝑘𝜏\Bigl{|}\sum_{j}k_{j}\omega_{j}\Bigr{|}\geq\gamma|k|^{-\tau} con γ>0𝛾0\gamma>0 e τ>n1𝜏𝑛1\tau>n-1, essendo n𝑛n il numero di gradi di libertà, e |k|=j|kj|𝑘subscript𝑗subscript𝑘𝑗|k|=\sum_{j}|k_{j}|. Allora con considerazioni teoriche si può verificare che nell’intorno considerato si ha

sup(x,y)Δρ|(r+1)|Br(r!)n+1ρr+1,subscriptsupremum𝑥𝑦subscriptΔ𝜌superscript𝑟1superscript𝐵𝑟superscript𝑟𝑛1superscript𝜌𝑟1\sup_{(x,y)\in\Delta_{\rho}}\bigl{|}{\cal R}^{(r+1)}\bigr{|}\leq B^{r}(r!)^{n+1}\rho^{r+1}\ ,

dove B𝐵B è una costante positiva e n𝑛n è il numero di gradi di libertà del sistema (si veda ad esempio [3][4]). Ciò mette in evidenza il carattere asintotico delle serie che stiamo considerando. Qui l’ordine r𝑟r di normalizzazione è arbitrario, ma lo si può determinare come funzione r=ropt(ρ)𝑟subscript𝑟opt𝜌r=r_{\rm opt}(\rho) minimizzando la funzione (r!)n+1ρrsuperscript𝑟𝑛1superscript𝜌𝑟(r!)^{n+1}\rho^{r}. Si ha così r(1/ρ)1/(n+1)similar-to-or-equals𝑟superscript1𝜌1𝑛1r\simeq(1/\rho)^{1/(n+1)}, ed utilizzando la formula di Stirling si valuta

|I˙|exp((1/ρ)1/(n+1)).similar-to-or-equals˙𝐼superscript1𝜌1𝑛1\bigl{|}\dot{I}\bigr{|}\simeq\exp\bigl{(}-(1/\rho)^{1/(n+1)}\bigr{)}\ .

Assumendo che il dato iniziale sia contenuto in un intorno Δρ/2subscriptΔ𝜌2\Delta_{\rho/2} dell’origine si può allora garantire che l’orbita resterà confinata nel polidisco ΔρsubscriptΔ𝜌\Delta_{\rho} per un tempo Texp((1/ρ)1/(n+1))similar-to-or-equals𝑇superscript1𝜌1𝑛1T\simeq\exp\bigl{(}(1/\rho)^{1/(n+1)}\bigr{)} che cresce più rapidamente di qualunque potenza al decrescere di ρ𝜌\rho. È questo, in forma sintetica, l’argomento che conduce alla stima esponenziale del tempo di stabilità tipica della teoria alla Nekhoroshev [16],[17].

4 Calcolo effettivo del tempo di stabilità

Ci poniamo ora l’obiettivo di tradurre l’argomento che abbiamo appena esposto in un algoritmo di calcolo che ci consenta di dare una valutazione esplicita del tempo di stabilità per un sistema reale. Consideriamo un sistema ad n𝑛n gradi di libertà descritto da un’Hamiltoniana della forma (7) troncata ad un ordine rmaxsubscript𝑟r_{\max} che può scegliersi, ad esempio, compatibile con la potenza di calcolo disponibile.

Grazie alla manipolazione algebrica costruiamo esplicitamente la forma normale di Birkhoff per il nostro sistema fino all’ordine rmaxsubscript𝑟maxr_{\rm max}. In questa fase del calcolo potrebbe presentarsi il problema dei piccoli divisori, ma possiamo osservare che grazie al troncamento la condizione di non risonanza deve essere verificata solo per |k|rmax𝑘subscript𝑟max|k|\leq r_{\rm max}; questa condizione è facile da verificare dal momento che si deve considerare un numero finito di casi. Nel calcolare la forma normale avremo cura anche di tener memoria del primo termine del resto, ad ogni ordine. In altre parole, per r=1,,rmax𝑟1subscript𝑟maxr=1,\ldots,r_{\rm max} pari costruiamo esplicitamente un’Hamiltoniana

Z(r)=H0(I)+Z1(I)++Z(r)(I)+F(r+1)(x,y)++F(rmax)(x,y),superscript𝑍𝑟subscript𝐻0𝐼subscript𝑍1𝐼superscript𝑍𝑟𝐼superscript𝐹𝑟1𝑥𝑦superscript𝐹subscript𝑟max𝑥𝑦Z^{(r)}=H_{0}(I)+Z_{1}(I)+\ldots+Z^{(r)}(I)+F^{(r+1)}(x,y)+\ldots+F^{(r_{\rm max})}(x,y)\ ,

dove le funzioni F𝐹F denotano la parte non ancora normalizzata. Di fatto la condizione di non risonanza implica che le funzioni Zjsubscript𝑍𝑗Z_{j} si annullino per j𝑗j dispari, ma ciò non ha grande rilevanza per la discussione di questo paragrafo.

Consideriamo poi un intorno dell’origine a forma di polidisco con raggi R1,,Rnsubscript𝑅1subscript𝑅𝑛R_{1},\ldots,R_{n}, ossia

ΔρR={(x,y)2n:xj2+yj2ρ2Rj2, 1jn}.subscriptΔ𝜌𝑅conditional-set𝑥𝑦superscript2𝑛formulae-sequencesuperscriptsubscript𝑥𝑗2superscriptsubscript𝑦𝑗2superscript𝜌2superscriptsubscript𝑅𝑗21𝑗𝑛\Delta_{\rho R}=\bigl{\{}(x,y)\in{\mathbb{R}}^{2n}\>:\>x_{j}^{2}+y_{j}^{2}\leq\rho^{2}R_{j}^{2}\,,\>1\leq j\leq n\bigr{\}}\ .

Scriviamo un polinomio generico di grado s𝑠s come

f(x,y)=j,kfj,kxjyk,|j|+|k|=s,formulae-sequence𝑓𝑥𝑦subscript𝑗𝑘subscript𝑓𝑗𝑘superscript𝑥𝑗superscript𝑦𝑘𝑗𝑘𝑠f(x,y)=\sum_{j,k}f_{j,k}x^{j}y^{k}\ ,\quad|j|+|k|=s\ ,

dove abbiamo usato la notazione multiindice j=(j1,,jn)𝑗subscript𝑗1subscript𝑗𝑛j=(j_{1},\ldots,j_{n}), k=(k1,,kn)𝑘subscript𝑘1subscript𝑘𝑛k=(k_{1},\ldots,k_{n}) e xjyk=x1j1ynkksuperscript𝑥𝑗superscript𝑦𝑘superscriptsubscript𝑥1subscript𝑗1superscriptsubscript𝑦𝑛subscript𝑘𝑘x^{j}y^{k}=x_{1}^{j_{1}}\cdot\ldots\cdot y_{n}^{k_{k}}. Scegliamo n𝑛n parametri positivi R=(R1,,Rn)𝑅subscript𝑅1subscript𝑅𝑛R=(R_{1},\ldots,R_{n}) e calcoliamo la quantità

|f|R=j,k|fj,k|Rj+kΘj,k,Θj,k=jjkk(j+k)j+k.formulae-sequencesubscript𝑓𝑅subscript𝑗𝑘subscript𝑓𝑗𝑘superscript𝑅𝑗𝑘subscriptΘ𝑗𝑘subscriptΘ𝑗𝑘superscript𝑗𝑗superscript𝑘𝑘superscript𝑗𝑘𝑗𝑘|f|_{R}=\sum_{j,k}|f_{j,k}|R^{j+k}\Theta_{j,k}\ ,\quad\Theta_{j,k}=\sqrt{\frac{j^{j}k^{k}}{(j+k)^{j+k}}}\ . (10)

In tal modo per ρ>0𝜌0\rho>0 assegnato abbiamo

sup(x,y)ΔρR|f(x,y)|<ρs|f|R.subscriptsupremum𝑥𝑦subscriptΔ𝜌𝑅𝑓𝑥𝑦superscript𝜌𝑠subscript𝑓𝑅\sup_{(x,y)\in\Delta_{\rho R}}\bigl{|}f(x,y)\bigr{|}<\rho^{s}|f|_{R}\ .

Questa stima richiede qualche giustificazione. Se consideriamo un disco di raggio Risubscript𝑅𝑖R_{i} nel piano xi,yisubscript𝑥𝑖subscript𝑦𝑖x_{i},\,y_{i} verifichiamo subito che si ha |xijyik|Rij+kΘj,ksuperscriptsubscript𝑥𝑖𝑗superscriptsubscript𝑦𝑖𝑘superscriptsubscript𝑅𝑖𝑗𝑘subscriptΘ𝑗𝑘|x_{i}^{j}y_{i}^{k}|\leq R_{i}^{j+k}\Theta_{j,k}. Basta infatti scrivere xi=Ricosθ,yi=Risinθformulae-sequencesubscript𝑥𝑖subscript𝑅𝑖𝜃subscript𝑦𝑖subscript𝑅𝑖𝜃x_{i}=R_{i}\cos\theta\,,\>y_{i}=R_{i}\sin\theta e verificare che sull’intervallo 0θ2π0𝜃2𝜋0\leq\theta\leq 2\pi si ha |cosjθsinkθ|Θj,ksuperscript𝑗𝜃superscript𝑘𝜃subscriptΘ𝑗𝑘|\cos^{j}\theta\sin^{k}\theta|\leq\Theta_{j,k}. La quantità |f|Rsubscript𝑓𝑅|f|_{R} definita dalla (10) è la somma di tutti questi contributi.

Dobbiamo ora valutare sup(x,y)ΔρR|I˙(x,y)|subscriptsupremum𝑥𝑦subscriptΔ𝜌𝑅˙𝐼𝑥𝑦\sup_{(x,y)\in\Delta_{\rho R}}\bigl{|}\dot{I}(x,y)\bigr{|}. Ricordando che la derivata temporale di una funzione è la parentesi di Poisson con l’Hamiltoniana facciamo uso della diseguaglianza

|I˙j(x,y)|<Cρr+3|{Ij,F(r+1)}|R,\bigl{|}\dot{I}_{j}(x,y)\bigr{|}<C\rho^{r+3}\bigl{|}\{I_{j},F^{(r+1)}\}\bigr{|}_{R}\ , (11)

avendo scelto una costante C>1𝐶1C>1 opportuna. Qui è necessaria qualche precisazione perché in linea di principio dovremmo tener conto di una serie infinita, il che è chiaramente impossibile in pratica. L’argomento è il seguente. Dalle stime teoriche sappiamo che la serie dei resti è stimata da una serie geometrica. Se ρ𝜌\rho è inferiore al raggio di convergenza della forma normale all’ordine r𝑟r allora esiste una costante C𝐶C per cui vale la stima riportata sopra. Nel calcolo pratico, dal momento che consideriamo ρ𝜌\rho abbastanza piccolo, sceglieremo C=2𝐶2C=2. Possiamo però osservare che in pratica la dipendenza del risultato finale dalla scelta di C𝐶C risulta essere molto debole.

Veniamo dunque al tempo di stabilità. Osservando che Ijρ2Rj2/2subscript𝐼𝑗superscript𝜌2superscriptsubscript𝑅𝑗22I_{j}\leq\rho^{2}R_{j}^{2}/2 abbiamo anche I˙j=Rj2ρρ˙subscript˙𝐼𝑗superscriptsubscript𝑅𝑗2𝜌˙𝜌\dot{I}_{j}=R_{j}^{2}\rho\dot{\rho}, e possiamo riscrivere la diseguaglianza (11) come

ρ˙Br,jRj2ρr+2,Br,j=C|{Ij,F(r+1)}|R.\dot{\rho}\leq\frac{B_{r,j}}{R_{j}^{2}}\rho^{r+2}\ ,\quad B_{r,j}=C\bigl{|}\{I_{j},F^{(r+1)}\}\bigr{|}_{R}\ .

Da qui possiamo ricavare una maggiorazione per la funzione ρ(t)𝜌𝑡\rho(t) risolvendo l’equazione differenziale ρ˙=Br,jρr+2/Rj2˙𝜌subscript𝐵𝑟𝑗superscript𝜌𝑟2superscriptsubscript𝑅𝑗2\dot{\rho}=B_{r,j}\rho^{r+2}/R_{j}^{2}. Separando le variabili otteniamo che il tempo necessario per passare dal valore iniziale ρ0subscript𝜌0\rho_{0} ad un ρ>0𝜌0\rho>0 arbitrario soddisfa la diseguaglianza |t|τ(ρ0,ρ,r)𝑡𝜏subscript𝜌0𝜌𝑟|t|\geq\tau(\rho_{0},\rho,r), dove

τ(ρ0,ρ,r)=minjRj2Br,jρ0ρdσσr=minjRj2(r+1)Br,j(1ρ0r+11ρr+1).𝜏subscript𝜌0𝜌𝑟subscript𝑗superscriptsubscript𝑅𝑗2subscript𝐵𝑟𝑗superscriptsubscriptsubscript𝜌0𝜌𝑑𝜎superscript𝜎𝑟subscript𝑗superscriptsubscript𝑅𝑗2𝑟1subscript𝐵𝑟𝑗1superscriptsubscript𝜌0𝑟11superscript𝜌𝑟1\tau(\rho_{0},\rho,r)=\min_{j}\frac{R_{j}^{2}}{B_{r,j}}\int_{\rho_{0}}^{\rho}\frac{d\sigma}{\sigma^{r}}=\min_{j}\frac{R_{j}^{2}}{(r+1)B_{r,j}}\left(\frac{1}{\rho_{0}^{r+1}}-\frac{1}{\rho^{r+1}}\right)\ .

Qui introduciamo una scelta per ρ𝜌\rho ponendo ρ=2ρ0𝜌2subscript𝜌0\rho=2\rho_{0}, per cui la formula precedente diventa

τ(ρ0,2ρ0,r)=minj(112r+1)Rj2(r+1)Br,jρ0r+1.𝜏subscript𝜌02subscript𝜌0𝑟subscript𝑗11superscript2𝑟1superscriptsubscript𝑅𝑗2𝑟1subscript𝐵𝑟𝑗superscriptsubscript𝜌0𝑟1\tau(\rho_{0},2\rho_{0},r)=\min_{j}\left(1-\frac{1}{2^{r+1}}\right)\frac{R_{j}^{2}}{(r+1)B_{r,j}\,\rho_{0}^{r+1}}\ .

Poiché questa stima è valida per qualunque scelta di r𝑟r possiamo ottimizzarla scegliendo il valore ropt(ρ0)subscript𝑟optsubscript𝜌0r_{\rm opt}(\rho_{0}) che massimizza τ(ρ0,2ρ0,r)𝜏subscript𝜌02subscript𝜌0𝑟\tau(\rho_{0},2\rho_{0},r) ed in tal modo determiniamo un tempo

T(ρ0)=maxrτ(ρ0,2ρ0,r).𝑇subscript𝜌0subscript𝑟𝜏subscript𝜌02subscript𝜌0𝑟T(\rho_{0})=\max_{r}\,\tau(\rho_{0},2\rho_{0},r)\ . (12)

Questa è la miglior indicazione fornita dal nostro algoritmo, e chiameremo T(ρ0)𝑇subscript𝜌0T(\rho_{0}) il tempo di stabilità. Osserviamo che tutte le quantità scritte sono calcolabili esplicitamente.

5 Applicazione al sistema Sole–Giove–Saturno

Veniamo infine all’applicazione al sistema Sole–Giove–Saturno. La prima parte del calcolo, del tutto classica, consiste nel calcolare gli sviluppi in serie di potenze e trigonometriche necessari per dare una forma esplicita all’Hamiltoniana del problema dei tre corpi in variabili di Poincaré, nella forma (2) e (3). Qui scegliamo i valori delle masse e dei parametri orbitali di Giove e Saturno, riportati per completezza nella tabella 1. Nello sviluppo teniamo conto dei contributi fino all’ordine 2 nelle masse e fino al grado 6 nelle variabili lente ξ,η𝜉𝜂\xi,\,\eta.

Tutto il calcolo è stato svolto grazie ad un pacchetto di manipolazione algebrica realizzato ad hoc dagli autori, ed in grado di eseguire tutte le operazioni algebriche necessarie per l’applicazione degli algoritmi perturbativi.

Tabella 1: Masse ed elementi orbitali eliocentrici di Giove e Saturno calcolati dal JPL per il Giorno Giuliano (JD) 2451220.52451220.52451220.5\,. Le lunghezze sono in Unità Astronomiche (UA); i tempi in anni; la costante gravitazionale è G=1𝐺1G=1\,. In queste unità la massa del Sole è 4π24superscript𝜋24\pi^{2}\,.
Giove (j=1𝑗1j=1) Saturno (j=2𝑗2j=2)
massa mjsubscript𝑚𝑗m_{j} (4π2)/1047.3554superscript𝜋21047.355(4\pi^{2})/1047.355 (4π2)/3498.54superscript𝜋23498.5(4\pi^{2})/3498.5
semiasse maggiore ajsubscript𝑎𝑗a_{j} 5.200922534482455.200922534482455.20092253448245 9.557169772969979.557169772969979.55716977296997
anomalia media jsubscript𝑗\ell_{j} 6.140533160646446.140533160646446.14053316064644 5.373862519988425.373862519988425.37386251998842
eccentricità ejsubscript𝑒𝑗e_{j} 0.048147072619178730.048147072619178730.04814707261917873 0.053819794883089110.053819794883089110.05381979488308911
argomento del perielio ωjsubscript𝜔𝑗\omega_{j} 1.189776361170731.189776361170731.18977636117073 5.651651247791635.651651247791635.65165124779163
inclinazione ijsubscript𝑖𝑗i_{j} 0.0063014332582425990.0063014332582425990.006301433258242599 0.015527380319332470.015527380319332470.01552738031933247
longitudine del nodo ΩjsubscriptΩ𝑗\Omega_{j} 3.511647562503813.511647562503813.51164756250381 0.3700549089140430.3700549089140430.370054908914043

Procediamo poi al calcolo della parte secolare del sistema, con un’approssimazione valida fino all’ordine 2 nelle masse, seguendo lo schema illustrato nel paragrafo 2. Otteniamo così lo sviluppo dell’Hamiltoniana secolare nella forma (5) e procediamo al calcolo delle frequenze ed alla diagonalizzazione della parte quadratica. Infine calcoliamo la forma normale di Birkhoff fino all’ordine 18, che si è rivelato sufficiente per i nostri scopi.

Refer to caption
(a) Tempo di stabilità
Refer to caption
(b) Ordine della normalizzazione ottimale
Figura 1: (a) Stima del tempo di stabilità per il sistema Sole–Giove–Saturno al variare del raggio ρ0subscript𝜌0\rho_{0} del dominio contenente i dati iniziali. I raggi R𝑅R per il calcolo della norma delle funzioni sono scelti in modo che i dati reali per i due pianeti corrispondano a ρ0=1subscript𝜌01\rho_{0}=1, e l’unità di tempo è l’anno terrestre. La scala verticale riporta il logaritmo decimale del tempo. La linea tratteggiata orizzontale indica l’età stimata del sistema solare. (b) L’ordine ottimale di normalizzazione rmaxsubscript𝑟maxr_{\rm max} in funzione di ρ0subscript𝜌0\rho_{0}.

Avendo calcolato la forma normale di Birkhoff applichiamo l’algoritmo di stima del tempo di stabilità descritto nel paragrafo 4. I risultati sono illustrati nelle figure 1(a)1(b). Nel primo grafico è riportato il tempo di stabilità T(ρ0)𝑇subscript𝜌0T(\rho_{0}) in funzione del raggio ρ0subscript𝜌0\rho_{0} nel quale sono contenuti i dati iniziali, in scala semilogaritmica. Si nota subito la crescita molto rapida del tempo stimato quando ρ0subscript𝜌0\rho_{0} decresce. Che tale crescita sia più rapida di qualunque potenza lo si arguisce osservando il secondo grafico, in figura 1(b), in cui si riporta l’ordine ottimale roptsubscript𝑟optr_{\rm opt} in funzione di ρ0subscript𝜌0\rho_{0}. I vari tratti orizzontali corrispondono ad intervalli in cui ropt(ρ0)subscript𝑟optsubscript𝜌0r_{\rm opt}(\rho_{0}) resta costante, ed in ciascuno di questi tratti il tempo cresce come una potenza ρ0roptsuperscriptsubscript𝜌0subscript𝑟opt\rho_{0}^{-r_{\rm opt}}. Ma al decrescere di ρ0subscript𝜌0\rho_{0} l’ordine ottimale roptsubscript𝑟optr_{\rm opt} cresce, ed anche molto rapidamente: nel nostro grafico il limite rmax=18subscript𝑟𝑚𝑎𝑥18r_{max}=18 viene raggiunto per ρ00.7similar-to-or-equalssubscript𝜌00.7\rho_{0}\simeq 0.7, e poi resta costante solo perché non abbiamo spinto il calcolo ad ordini più elevati.

Nel grafico l’unità di tempo è l’anno terrestre, ed i raggi R𝑅R sono scelti in modo che i dati correnti per i due pianeti si trovino nel polidisco di raggio ρ0=1subscript𝜌01\rho_{0}=1. La retta tratteggiata orizzontale indica l’età stimata del sistema solare, corrispondente a circa 5×1095superscript1095\times 10^{9} anni. Dalla figura si vede che il tempo di stabilità stimato col nostro metodo risulta essere di circa 1.5×1071.5superscript1071.5\times 10^{7} anni.

6 Commenti e possibili sviluppi

La stima che abbiamo ottenuto si rivela ancora pessimistica, in contrasto ad esempio con le simulazioni numeriche che danno tempi molto più lunghi anche per il sistema dei quattro pianeti maggiori. Possiamo però osservare che non siamo terribilmente lontani dall’obiettivo, che sarebbe ragionevole, di raggiungere almeno l’età del sistema solare. Dal grafico, ad esempio, si vede che basterebbe che l’eccentricità fosse pari a poco più di 0.70.70.7 volte quella reale. La domanda che si pone spontaneamente è se si possano migliorare i nostri risultati.

Una prima osservazione è che lo schema di calcolo che abbiamo seguito non è esente da approssimazioni che possono avere un peso rilevante. In effetti l’algoritmo di stima dei tempi di stabilità suppone, in buona sostanza, che la perturbazione agisca sempre in modo da incrementare l’eccentricità. Ciò è certamente falso, ma è difficile tenerne conto nelle stime semianalitiche, mentre le simulazioni numeriche svolte mediante integrazione diretta delle equazioni del moto ne tengono conto, di fatto. In questa luce, il risultato da noi ottenuto può già considerarsi apprezzabile, ed in effetti si colloca tra i migliori che vengono tipicamente ottenuti quando si fa ricorso a metodi perturbativi.

Si pone però un problema più profondo, che chiama in causa in modo diretto il metodo di Lagrange. Come abbiamo avuto modo di osservare, il calcolo delle frequenze secolari è stato svolto da Lagrange facendo riferimento alle orbite circolari. Se però poniamo il problema della stabilità su tempi molto lunghi l’approssimazione dell’orbita circolare può rivelarsi troppo rozza. In effetti sappiamo bene che le orbite circolari non sono soluzioni delle equazioni del problema dei tre corpi, e proprio per questo abbiamo cercato un’approssimazione migliore che tenesse conto anche delle perturbazioni fino al secondo ordine nelle masse. Il nostro calcolo mostra che ciò non è sufficiente: le eccentricità del sistema reale sono ancora troppo alte.

Ci si chiede allora se si possa migliorare il risultato prendendo come riferimento delle orbite che abbiano già eccentricità lontana dallo zero. Un tal procedimento in linea di principio è possibile. In effetti abbiamo già mostrato in una memoria precedente [6] che nelle vicinanze dei dati iniziali di Giove e Saturno esistono soluzioni quasiperiodiche del tipo descritto dal teorema di Kolmogorov [8]. Tali soluzioni possono ben esistere anche se si includono nel modello i quattro pianeti maggiori, ma dobbiamo ricordare che per sistemi a più di 2 gradi di libertà l’esistenza di soluzioni quasiperiodiche non è sufficiente a garantire la stabilità. Siamo quindi portati ad indagare l’esistenza di un intorno dell’orbita quasi periodica che sia stabile per tempi molto più lunghi di quelli che abbiamo stimato in questa nota. In effetti tale calcolo è stato svolto nel lavoro [7], ma si scontra con la difficoltà pratica di dover calcolare un numero troppo elevato di termini e non è raggiungibile con la potenza dei calcolatori attualmente a nostra disposizione.

Non resta quindi che cercare approssimazioni migliori dell’orbita circolare, ma non eccessivamente impegnative dal punto di vista del calcolo. Questo è un problema aperto al quale stiamo dedicando i nostri studi.

Riferimenti bibliografici

  • [1] G. Contopoulos, C. Efthymiopoulos, A. Giorgilli: Non-convergence of formal integrals of motion, J. Phys. A: Math. Gen., 36, 8639–8660 (2003).
  • [2] G. Contopoulos, C. Efthymiopoulos, A. Giorgilli: Non-convergence of formal integrals of motion II: Improved Estimates for the Optimal Order of Truncation, J. Phys. A: Math. Gen., 37, 10831–10858 (2004).
  • [3] A. Giorgilli: Rigorous results on the power expansions for the integrals of a Hamiltonian system near an elliptic equilibrium point, Ann. Ist. H. Poincaré, 48 N.4, 423–439 (1988).
  • [4] A. Giorgilli, A. Delshams, E. Fontich, L Galgani, C. Simó, C.: Effective stability for a Hamiltonian system near an elliptic equilibrium point, with an application to the restricted three body problem, J. Diff. Eqs., 20, (1989).
  • [5] A. Giorgilli: Quantitative methods in classical perturbation theory, in “From Newton to chaos: modern techniques for understanding and coping with chaos in N𝑁N–body dynamical systems”, A.E. Roy and B.A. Steves eds., NATO ASI Series B: Physics, Vol. 336, Plenum Press, New York, 21–37 (1995).
  • [6] A. Giorgilli, U. Locatelli: Sulla stabilità del problema planetario dei tre corpi, Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere, Rendiconti – Classe di Scienze, 143, (2009).
  • [7] A. Giorgilli, U. Locatelli, M. Sansottera: Kolmogorov and Nekhoroshev theory for the problem of three bodies, Cel. Mech and Dyn. Astr., 104, 159–173 (2009).
  • [8] A.N. Kolmogorov: Preservation of conditionally periodic movements with small change in the Hamilton function, Dokl. Akad. Nauk SSSR, 98, 527 (1954).
  • [9] J.L. Lagrange: Théorie des variations séculaires des éléments des planètes. Première partie contenant les principes et les formules générales pour déterminer ces variations, Nouveaux mémoires de l’Académie des Sciences et Belles–Lettres de Berlin (1781). Ristampato in: Oeuvres de Lagrange, Gauthier–Villars, Paris (1870), tome V, p. 125–207.
  • [10] J.L. Lagrange: Théorie des variations séculaires des éléments des planètes. Seconde partie contenant la détermination de ces variations pour chacune des planètes pricipales, Nouveaux mémoires de l’Académie des Sciences et Belles–Lettres de Berlin (1782). Ristampato in: Oeuvres de Lagrange, Gauthier–Villars, Paris (1870), tome V, p. 211–489.
  • [11] J.E. Littlewood: On the equilateral configuration in the restricted problem of three bodies, Proc. London Math. Soc.(3), 9, 343–372 (1959).
  • [12] J.E. Littlewood: The Lagrange configuration in celestial mechanics, Proc. London Math. Soc.(3), 9, 525–543 (1959).
  • [13] U. Locatelli, A. Giorgilli: Invariant tori in the secular motions of the three-body planetary systems, Cel. Mech., 78, 47–74 (2000).
  • [14] U. Locatelli, A. Giorgilli: Construction of the Kolmogorov’s normal form for a planetary system, Regular and Chaotic Dynamics, 10 N.2, 153–171 (2005).
  • [15] J. Moser: Stabilitätsverhalten kanonisher differentialgleichungssysteme, Nachr. Akad. Wiss. Göttingen, Math. Phys. K1 IIa N.6, 87–120 (1955).
  • [16] N.N. Nekhoroshev: Exponential estimates of the stability time of near–integrable Hamiltonian systems. Russ. Math. Surveys, 32, 1 (1977).
  • [17] N.N. Nekhoroshev: Exponential estimates of the stability time of near–integrable Hamiltonian systems, 2. Trudy Sem. Petrovs., 5, 5 (1979).
  • [18] C.L. Siegel: On the integrals of canonical systems, Ann. Math. 42, 806–822 (1941).